Intervista a Matteo Ricci: “Centrosinistra al governo, parte dalle Marche la riconquista di Palazzo Chigi”

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Intervista a Matteo Ricci: “Centrosinistra al governo, parte dalle Marche la riconquista di Palazzo Chigi”

Intervista a Matteo Ricci: “Centrosinistra al governo, parte dalle Marche la riconquista di Palazzo Chigi”

L'europarlamentare Pd

«Sanità, salario minimo, infrastrutture ed europeismo sono le priorità. Governare significa stare in mezzo alla gente, la segretaria Schlein proviene da questa cultura e anche io. L'Ue? Si impegni per mettere fine alla tragedia a Gaza»

Photo credits: Andrea Di Biagio/Imagoeconomica
Photo credits: Andrea Di Biagio/Imagoeconomica

Matteo Ricci, europarlamentare Pd, già sindaco di Pesaro e candidato del centrosinistra a presidente della regione Marche. Tutti gli analisti politici, nel cimentarsi nel gioco delle previsioni sulla prossima tornata di elezioni regionali, concordano nell’indicare le Marche come l’ago della bilancia nell’indicare vincitori e vinti della partita elettorale complessiva. Perché le Marche hanno questo valore? Perché è dalle Marche che può partire un vero cambiamento: non a caso ho scelto lo slogan “un cambio di Marche”. Le Marche sono una regione strategica dell’Italia centrale, fulcro e cerniera d’Italia, esempio lampante che il Centro Italia può rappresentare una specificità essenziale allo sviluppo del Paese, tra una questione settentrionale risorgente e una mai sopita questione meridionale. Contengono in sé più elementi tipici dell’italianità: la costa e le aree interne, la manifattura d’eccellenza e l’agricoltura tradizionale. Ecco perché un “cambio di Marche” potrebbe rappresentare un laboratorio di rinnovamento per l’intera Italia. Se da altre regioni gli analisti non prevedono novità, un cambio di segno politico nelle Marche rappresenterebbe il calcio d’inizio di un percorso che – nel 2027 – potrebbe portare ad un cambio di inquilino a Palazzo Chigi. Io spero che i miei conterranei scelgano il cambiamento e, da quel che ascolto attraversando il territorio, le istanze dei cittadini sono volte proprio in questo senso.

Quali le priorità di questo vostro progetto di cambiamento per le Marche? Sanità, salario minimo, sostegno alle aree interne, infrastrutture, cultura come volano di sviluppo, europeismo come approdo e visione. Tutti elementi, dunque, che credo siano declinabili anche sul piano nazionale. La sanità territoriale marchigiana non regge più, è in crisi: guardie mediche chiuse, liste d’attesa interminabili, cittadini lasciati in attesa nei pronto soccorso anche per giorni. Chi ha bisogno di un medico deve affrontare viaggi lunghi e ore di attesa. E intanto il personale sanitario lavora sotto pressione, senza sosta. Va ricostruita una rete di servizi efficienti. Per quanto riguarda il lavoro, proponiamo un salario minimo regionale, per chiunque lavori per la Regione: vogliamo garantire che negli appalti e subappalti finanziati dalla Regione sia assicurata l’applicazione dei contratti collettivi e un salario minimo orario non inferiore a 9 euro. Rispetto alle aree interne, proponiamo 30mila euro alle coppie che vanno a risiedere nell’entroterra, asili nido gratuiti per i bambini dell’entroterra, più sostegno e servizi per medici e sanità delle aree interne, trasporti gratuiti per gli studenti delle aree interne. Per quel che riguarda le infrastrutture, credo che il nostro aeroporto debba lavorare in rete con gli altri scali del centro Italia: ci sono quattro aeroporti (Falconara, Perugia, Rimini, Pescara) che si fanno concorrenza tra loro, c’è bisogno di una strategia interregionale che porti ad una federazione di questi aeroporti affinché abbiano funzioni complementari, altrimenti sono tutti destinati al fallimento. Cultura ed europeismo, infine, sono parole chiave per lo sviluppo della regione: Pesaro da Capitale Italiana della Cultura 2024 è diventata una città nazionale, ora rendiamo le Marche una regione europea, con la candidatura di Pesaro-Urbino a Capitale della Cultura Europea 2033.

Sarà una percezione sbagliata, ma l’impressione è che a livello nazionale, più che impegnarsi nel radicamento nei territori, i dirigenti del Pd siano dediti ad una sorta di congresso mediatico permanente. Il Partito Democratico conta schiere di giovani – e meno giovani – amministratori locali, radicati nei territori, avanguardie dei valori fondanti del partito: democrazia, sostegno ai diritti dei lavoratori e supporto ai più fragili, attenzione all’ambiente e alla sostenibilità delle politiche territoriali. Una base forte, che va valorizzata, un tesoretto di esperienze del quale tenere conto. Penso agli amici Roberto Gualtieri e Gaetano Manfredi, sindaci in prima fila per il cambiamento, urbanistico e sociale, delle loro città. Penso alle brave Vittoria Ferdinandi e Stefania Proietti, capaci entrambe di accendere i riflettori sull’Umbria. C’è un Pd bello e sano che i media spesso dimenticano, per dare spazio a presunte polemiche.

Per le posizioni assunte su Israele e la Palestina, come per aver sostenuto i 5 referendum, la segretaria del Pd Elly Schlein è stata accusata di massimalismo pacifista, di subalternità a Landini, Conte e Fratoianni. Siamo di nuovo al “tiro al segretario”? Ciò che sta avvenendo in Medio Oriente rende sempre più evidente che l’unica soluzione per pacificare quella parte del mondo è quella dei “due popoli, due stati. La situazione in Medio Oriente è drammatica, è necessario fermare l’escalation e la tragedia che colpisce la popolazione di Gaza al più presto. Netanyahu sta mettendo a rischio il Medio Oriente, il popolo israeliano e il mondo intero con politiche irresponsabili. Il diritto alla difesa non va confuso con la vendetta. Mi ritengo un pacifista pragmatico: bando alle ideologie, con sano pragmatismo, bisogna che l’Unione Europea si faccia portavoce, con una forte e autorevole azione diplomatica, affinché abbia fine la tragedia che colpisce la popolazione civile nella Striscia di Gaza. Questo non è massimalismo, ma pragmatismo. E i valori della pace e della democrazia sono insiti nel dna del Partito Democratico. Ora, dunque, è il momento di stare uniti, perché solo uniti si vince e si giunge al cambiamento che auspichiamo: non è il momento di pensare a congressi, è il momento di lavorare compatti al fianco della nostra Segretaria.

Lei è stato sindaco di Pesaro, è europarlamentare del Pd e candidato a presidente delle Marche. Sulla base di queste esperienze, può chiarire cosa diavolo significhi per i dem cultura di governo? C’è chi accusa Schlein di esserne digiuna. Io sono orgoglioso della mia gavetta. Come ho spesso ricordato, sia nel mio volume dal titolo Pane e politica (Paperfirst, 2023), sia nelle iniziative omonime – ovvero le cene con le famiglie del territorio, che ho voluto incontrare nel corso degli anni, non necessariamente durante le campagne elettorali, ma costantemente, come esercizio d’ascolto del paese reale – ebbene, io sono fiero di aver vissuto a “pane e politica”. Perché credo che fare politica sia proprio questo: confronto e ascolto con il territorio, polso delle istanze che arrivano dai cittadini, capacità anche di sedersi a tavola a discutere con chi non è d’accordo con le nostre idee. È dal confronto che nascono le migliori idee e proposte per un territorio. Io oggi so quali sono le necessità dei marchigiani – una sanità efficiente, un salario minimo regionale, infrastrutture capillari, servizi e sostegno alle aree interne – perché proprio grazie a quelle esperienze – da primo cittadino, da presidente della provincia, da europarlamentare – ho avuto modo di immergermi nella quotidianità dei miei conterranei, senza mai allontanarmene, anche stando a Bruxelles. La mente e il cuore volano in Europa, sognano una regione europeista: ma coi piedi resto saldamente ancorato alla mia terra. Questo è il segreto della “cultura di governo” per noi democratici. Governare non è stare sopra gli altri, è stare in mezzo alla gente: questo è il vero senso dell’essere popolari e non populisti. La segretaria Schlein, che è stata giovanissima europarlamentare, proviene da questa cultura, che nasce principalmente dall’empatia, dalla capacità di stare fra le persone e ascoltarne le istanze e le speranze.

A proposito di alleanze. Nelle Marche, Calenda si è smarcato dal campo largo che la sostiene. Nelle Marche abbiamo lavorato alla costruzione, dal basso, di un’alleanza larghissima, che non a caso si chiama “Alleanza del cambiamento”. Come dicevo, tutti i nostri sforzi e auspici sono volti a realizzare un reale cambiamento per la regione. Sono 19 le forze politiche che compongono l’Alleanza del Cambiamento: Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Europa Verde, Sinistra Italiana, Italia Viva, Più Europa, Partito Socialista Italiano, Possibile, Marche Civiche, Rifondazione Comunista, Dipende da Noi, Volt, Riformisti Marche, Nuove Marche, Demos, Movimento Socialista Liberale, Partito Repubblicano Italiano, Movimento dei Popolari, Italia in Comune. Un’alleanza tra civici, partiti, movimenti che non si arrendono alla mediocrità nella quale si trova la Regione Marche e che vogliono costruire un futuro di speranza per tutti i marchigiani. Grazie all’ascolto e al confronto con chi vive nei territori, abbiamo scritto insieme un programma serio e concreto, che mette al centro le persone, la sanità, le aree interne, lo sviluppo delle imprese, l’ambiente, il lavoro, il sociale. Ieri (venerdì 11 luglio, ndr), abbiamo presentato il nostro programma in piazza, ad Ancona, in un evento promosso da tutte le forze politiche dell’Alleanza del Cambiamento. La Piazza del Cambiamento è stato un evento molto partecipato, che ci fa credere ancora più fermamente che uniti si vince e che un reale cambiamento per il nostro territorio sia possibile. Manca solo una data ormai: quella del voto. La Regione cosa aspetta a fissarla? Di cosa ha paura? Perché impone ai marchigiani una campagna elettorale estiva, invece di scegliere, con buon senso, come avvenuto in Toscana, di votare a ottobre? Mettano da parte gli interessi di partito per una volta e pensino ai marchigiani. Per quanto riguarda Carlo Calenda, posso dire di averlo sempre stimato e che credo che al governo abbia fatto un grande lavoro. Per ciò che riguarda le Marche, ho dialogato da mesi con tantissimi aderenti ed elettori di Azione che hanno deciso di sostenere la mia candidatura. Nei giorni scorsi abbiamo appreso la decisione di Calenda di non presentarsi con nessuno. Ho sempre rispettato le posizioni di Azione e rispetto ovviamente anche questa scelta, ma proverò ancora a convincere Carlo proprio sul programma per quanto attiene l’economia e la sanità. Le Marche rischiano il declino e noi siamo al lavoro per far loro cambiare marcia con chiunque auspichi un radicale cambiamento.

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